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๐“๐ข๐ญ๐จ๐ฅ๐จ: Il signor Armistizio non lo conosciamo
๐€๐ฎ๐ญ๐ซ๐ข๐œ๐ž: Rosanna Romanisio Amerio
๐๐ซ๐ž๐ฌ๐ž๐ง๐ญ๐š๐ณ๐ข๐จ๐ง๐ž: Gianluca Barneschi
๐„๐๐ข๐ญ๐จ๐ซ๐ž: Edizioni Solfanelli
๐‚๐จ๐ฅ๐ฅ๐š๐ง๐š: i Diamanti (n. 38)
๐€๐ง๐ง๐จ: 2025
๐๐š๐ ๐ข๐ง๐ž: 364
๐ˆ๐’๐๐: 978-88-3305-614-2
๐๐ซ๐ž๐ณ๐ณ๐จ: โ‚ฌ 30,00
๐€๐œ๐ช๐ฎ๐ข๐ฌ๐ญ๐š: https://www.edizionisolfanelli.it/ilsignorarmistizio.htm
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Questo libro parte da una cosa piccola e imbarazzante, da officina: vuoi aggiustare un motore e ti accorgi che manca una vite. La vite, qui, รจ la copia firmata del 3 settembre 1943 destinata allo Stato italiano. Non รจ un capriccio da collezionisti. รˆ la carta che dovrebbe reggere la parola โ€œarmistizioโ€ come fatto compiuto. Se il documento sparisce, la storia non si ferma ma cambia forma. Diventa una caccia: la richiesta allโ€™archivio, il rimbalzo da un ufficio allโ€™altro, la stanza dโ€™attesa con il neon che frizza, la cartellina che arriva dopo mezzโ€™ora e non contiene โ€œquelloโ€, contiene il rinvio a unโ€™altra segnatura. Poi una telefonata, un nome, un "ripassi domani". E quando finalmente ti mettono davanti una copia, ti accorgi che la storia non manca di parole: manca di una firma nel posto giusto. Da lรฌ in poi diventa anche una memoria che riempie il vuoto con cippi, tavoli, targhe, articoli di giornale, versioni successive, e con quella frase comoda che tutti ripetiamo: โ€œarmistizio di Cassibileโ€.

La scelta dellโ€™autrice รจ dichiarata e va presa sul serio: non scrive un manuale, non punta alla completezza accademica, non promette un apparato che chiuda ogni dubbio. Si muove come unโ€™inchiesta, con il passo pratico di chi mette le mani nelle carte e accetta che alcune porte si aprano tardi, e altre restino socchiuse. Il libro, allora, non si legge solo per โ€œsapere comโ€™รจ andataโ€. Si legge per vedere come una storia nazionale viene tenuta insieme quando la sua carta piรน semplice e necessaria รจ stata bruciata.

Lโ€™ordine di distruggere documenti โ€œcompromettentiโ€ non รจ un dettaglio da romanzo: รจ una decisione politica che produce conseguenze storiche.


Il primo plesso cruciale รจ proprio quel falรฒ. Lโ€™ordine di distruggere documenti โ€œcompromettentiโ€ non รจ un dettaglio da romanzo: รจ una decisione politica che produce conseguenze storiche. Da quel gesto nasce un dopoguerra di versioni, ricostruzioni, giustificazioni, e anche un modo tutto italiano di raccontarsi lโ€™8 settembre come fatalitร  meteorologica. Il libro insiste su questo punto senza moralismi, con la pazienza del perito: se togli lโ€™originale, il resto diventa una filiera di copie e di testi che si stratificano. E qui entra la seconda ossatura: i โ€œdue armistiziโ€. Quello breve firmato il 3 settembre, e quello lungo del 29 settembre, con protocolli ed emendamenti che inseguono la realtร  e la raddrizzano dopo che รจ giร  esplosa.

Il secondo plesso รจ la geografia, che nel racconto pubblico fa da trucco. โ€œCassibileโ€ รจ un nome utile, unโ€™etichetta. Il libro ci riporta al Fairfield Camp, alla logistica reale: tenda mensa ufficiali, corde tese e picchetti nella terra, il fruscio della tela, una freccia tracciata su un muro che sembra dire โ€œdi quaโ€ piรน al lettore che ai soldati. รˆ una campagna che diventa stanza delle firme, con lโ€™aria provvisoria di tutto ciรฒ che poi finisce nei libri di scuola come se fosse scolpito sul marmo. E intorno comincia la danza degli oggetti: il cippo, la โ€œpietra della paceโ€, il tavolo con firme e timbri โ€” sopra le firme come un gesto da consacrazione, sotto quei timbri rossi che sembrano piรน amministrazione che storia, e che ti costringono a guardare il reperto come guarderesti un pezzo di ferraglia: da dove viene, chi lโ€™ha marchiato, quando lโ€™ha spostato. Oggetti che pretenderebbero venerazione e che invece vengono trattati come vanno guardati: da reperto. E tu li guardi, misuri, confronti. Ti domandi da dove venga davvero quel legno, perchรฉ ci siano certi segni, perchรฉ una reliquia compaia e scompaia. Ed รจ qui che il libro mostra come la memoria collettiva, quando non ha documenti, costruisce altari con ciรฒ che trova. E non lo fa solo per frode: lo fa per bisogno.

Ed รจ qui che il libro mostra come la memoria collettiva, quando non ha documenti, costruisce altari con ciรฒ che trova. E non lo fa solo per frode: lo fa per bisogno.


Il terzo plesso sono i fili umani. Montanari, Mallaby, Pietromarchi non sono semplici figure di contorno: Franco Montanari รจ il diplomatico italoโ€‘americano che fa da interprete nelle fasi decisive della trattativa; Dick Mallaby รจ lโ€™agente del SOE che diventa โ€œchiave di letturaโ€ delle comunicazioni, tra radio, codici e decrittazioni; Luca Pietromarchi รจ il diplomatico del Ministero degli Esteri, poi direttore del Gabinetto Armistizio e Pace, che lascia diari difficili da leggere ma preziosi. Sono lโ€™apparato nervoso del racconto: memoriali, taccuini, diari, messaggi, indecifrabili e poi decifrati, frammenti che ti permettono di vedere la macchina dallโ€™interno. Lโ€™autrice usa questi fili come un montaggio: una pista porta a unโ€™altra, un โ€œnoโ€ apre un archivio imprevisto, una pagina di diario sposta unโ€™interpretazione. Qui si vede la natura del metodo. Il libro guadagna in ritmo e in presa narrativa perchรฉ sceglie la forma della caccia: segue tracce, voci, indizi, li mette in montaggio e li fa parlare. Non costruisce una โ€œsentenzaโ€, costruisce un percorso leggibile dentro un materiale opaco. รˆ una scelta di genere: piรน movimento che dossier, piรน pista che verbale.

Il quarto plesso รจ la meccanica delle trattative: segretezza, improvvisazione, asimmetria. Lโ€™Italia cerca margini, tempo, garanzie. Gli Alleati cercano un atto militare immediato, e promettono correzioni โ€œdopoโ€, in proporzione alla collaborazione. Dentro questa asimmetria, lโ€™8 settembre diventa un dispositivo letale: annuncio, tempi, operazioni militari, reazioni tedesche, collasso di comando. Il libro non si limita a ripetere la litania del โ€œtutti scapparonoโ€. Ti fa vedere la struttura della trappola: una firma che non pacifica, un annuncio che accelera, un Paese che passa in poche ore da alleato a nemico e poi a cobelligerante, con le parole che inseguono i fatti e arrivano sempre in ritardo.

Infine, il quinto plesso, forse il piรน politico: il lessico. โ€œArmistizioโ€, โ€œresaโ€, โ€œsenza condizioniโ€ sono parole che non descrivono soltanto, governano.


Infine, il quinto plesso, forse il piรน politico: il lessico. โ€œArmistizioโ€, โ€œresaโ€, โ€œsenza condizioniโ€ sono parole che non descrivono soltanto, governano. Il libro รจ piรน forte quando entra nelle varianti: clausole, aggiunte, formule che compaiono, protocolli che riscrivono, la gerarchia delle lingue (โ€œfa fede il testo ingleseโ€). In quelle microfrasi si vede la sovranitร  che si riduce a modulo: chi parla, chi autentica, chi accetta, chi ratifica. รˆ una storia di guerra, sรฌ, ma anche una storia di scrittura. E la scrittura, qui, รจ comando.

Il merito complessivo รจ questo: invece di regalarci lโ€™ennesima commemorazione dellโ€™8 settembre, il libro ci costringe a guardare il laboratorio sporco della storia, dove una carta bruciata produce decenni di narrazioni, e dove gli oggetti โ€œdi memoriaโ€ diventano sostituti di prova.

Resta una domanda che il libro pianta in mezzo alla stanza e che la recensione deve portarsi via senza addolcirla: quanto ci conviene chiamarlo โ€œarmistizioโ€? Se cerchi un termine piรน fedele alla veritร  storica, qui la parola giusta รจ โ€œresaโ€ โ€” piรน precisamente una capitolazione militare, un instrument of surrender travestito da armistizio per ragioni di linguaggio pubblico e di sopravvivenza politica. Le parole, quando servono a dormire meglio, diventano coperte. Le carte, quando le bruci, diventano fantasmi. E poi ti tocca convivere con i fantasmi.

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