Gaza, 2 anni e un giorno dopo: La ferita non si riduce

Gaza, 2 anni e un giorno dopo: La ferita non si riduce

๐‹'๐š๐ญ๐ญ๐š๐œ๐œ๐จ, ๐ฅ๐š ๐ ๐ฎ๐ž๐ซ๐ซ๐š, ๐ข ๐ง๐ž๐ ๐จ๐ณ๐ข๐š๐ญ๐ข: ๐ญ๐ซ๐š ๐ฆ๐ž๐ฆ๐จ๐ซ๐ข๐š ๐ž ๐œ๐š๐ฅ๐œ๐จ๐ฅ๐จ

All'alba del 7 ottobre 2023, il recinto non รจ piรน un confine: รจ una ferita. Migliaia di uomini armati irrompono dal varco โ€“ terra, mare, aria leggera. Bulldozer per sbriciolare i sensori, droni per โ€œaccecareโ€ torrette e telecamere, razzi a saturare il cielo; pick-up, motociclette, deltaplani a motore che scavalcano in pochi minuti la distanza tra ๐†๐š๐ณ๐š e i kibbutz della cintura meridionale. Le prime immagini dal festival Nova โ€“ ragazzi in fuga tra i campi, auto crivellate โ€“ diventano in poche ore la metonimia del massacro: circa 1.200 uccisi, oltre duecento rapiti in direzione dei tunnel. Lโ€™effetto รจ duplice: shock operativo (la sorpresa, la simultaneitร  degli ingressi) e shock simbolico (il rovesciamento della sicurezza promessa). รˆ da lรฌ che comincia tutto il resto.

Il โ€œdopoโ€ in ๐ˆ๐ฌ๐ซ๐š๐ž๐ฅ๐ž prende la forma di una ๐ฆ๐จ๐›๐ข๐ฅ๐ข๐ญ๐š๐ณ๐ข๐จ๐ง๐ž ๐ญ๐จ๐ญ๐š๐ฅ๐ž e di un obiettivo scolpito per mesi su ogni podio: ๐๐ข๐ฌ๐ญ๐ซ๐ฎ๐ ๐ ๐ž๐ซ๐ž ๐‡๐š๐ฆ๐š๐ฌ, riportare a casa gli ๐จ๐ฌ๐ญ๐š๐ ๐ ๐ข, ristabilire la ๐๐ž๐ญ๐ž๐ซ๐ซ๐ž๐ง๐ณ๐š. Il โ€œdopoโ€ a ๐†๐š๐ณ๐š prende il volto della catastrofe: quartieri cancellati, milioni di sfollati, infrastrutture civili ridotte a macerie, fame e collasso sanitario. Le stime dellโ€™ONU, basate sui registri ospedalieri del Ministero della Salute di ๐†๐š๐ณ๐š (che ๐ˆ๐ฌ๐ซ๐š๐ž๐ฅ๐ž contesta), parlano oggi di oltre ๐Ÿ”๐Ÿ• ๐ฆ๐ข๐ฅ๐š morti; gli esperti ricordano che il numero reale potrebbe essere piรน alto per i corpi rimasti sotto le rovine. Anche qui, doppio effetto: logoramento militare (๐‡๐š๐ฆ๐š๐ฌ colpito, ma non sradicato) e logoramento politico (๐ˆ๐ฌ๐ซ๐š๐ž๐ฅ๐ž incrinato fra lโ€™imperativo โ€œtutti a casaโ€ e la promessa di โ€œvittoria totaleโ€).

Due anni dopo โ€“ ๐Ÿ– ๐จ๐ญ๐ญ๐จ๐›๐ซ๐ž ๐Ÿ๐ŸŽ๐Ÿ๐Ÿ“ โ€“ il tempo non ha ricucito. Lโ€™elenco degli ๐จ๐ฌ๐ญ๐š๐ ๐ ๐ข รจ ancora la bussola morale di un Paese intero. Dato ufficiale attuale: circa ๐Ÿ’๐Ÿ– persone restano in mano a ๐‡๐š๐ฆ๐š๐ฌ; di queste ๐Ÿ๐ŸŽ sono ritenute ancora vive secondo fonti governative. Una cifra che torna nei comunicati, nelle piazze, nelle rettifiche pubbliche chieste al premier quando sbaglia conteggio in diretta. รˆ crudele ma necessario dirlo cosรฌ: la trattativa non scambia numeri, scambia nomi; e la politica โ€“ israeliana e internazionale โ€“ si misura su questo elenco.

Sul lato opposto della frontiera, la societร  gazawi vive lโ€™altra metร  della tragedia: due anni di guerra hanno bruciato patrimonio materiale e futuro prevedibile. La cronaca dei negoziati รจ punteggiata da questi dati, non li sospende. Ogni volta che si torna al Cairo โ€“ mediatori ๐„๐ ๐ข๐ญ๐ญ๐จ, ๐๐š๐ญ๐š๐ซ, ๐’๐ญ๐š๐ญ๐ข ๐”๐ง๐ข๐ญ๐ข โ€“ si discute la stessa triade, con varianti: ๐œ๐ž๐ฌ๐ฌ๐š๐ญ๐ž ๐ข๐ฅ ๐Ÿ๐ฎ๐จ๐œ๐จ / ๐ฅ๐ข๐›๐ž๐ซ๐š๐ณ๐ข๐จ๐ง๐ž ๐ฌ๐œ๐š๐ ๐ฅ๐ข๐จ๐ง๐š๐ญ๐š / ๐ซ๐ข๐ญ๐ข๐ซ๐จ ๐š ๐ญ๐š๐ฉ๐ฉ๐ž. Dentro ci sono i dettagli che fanno saltare o reggere un accordo: garanzie su โ€œfine guerraโ€ e tempi del ritiro; numero e profilo dei prigionieri palestinesi da liberare; chi governa ๐†๐š๐ณ๐š nel โ€œfrattempoโ€; come si certifica il ๐๐ข๐ฌ๐š๐ซ๐ฆ๐จ (o la riduzione) delle capacitร  militari di ๐‡๐š๐ฆ๐š๐ฌ senza dichiarare una resa che ๐‡๐š๐ฆ๐š๐ฌ non firma. Nelle ultime 48 ore, i delegati hanno scambiato le liste per un rilascio reciproco โ€“ segnale procedurale importante, non ancora una svolta. E sullo sfondo pesa la proposta statunitense โ€“ venti punti, ritiro sequenziale, ๐ ๐จ๐ฏ๐ž๐ซ๐ง๐š๐ง๐œ๐ž ๐ญ๐ซ๐š๐ง๐ฌ๐ข๐ญ๐จ๐ซ๐ข๐š โ€“ che ๐‡๐š๐ฆ๐š๐ฌ dice di voler negoziare mentre respinge lโ€™idea del โ€œ๐๐ข๐ฌ๐š๐ซ๐ฆ๐จ pienoโ€ come condizione preliminare.

Chi sposta gli equilibri? Tre leve, e tutte imperfette. La piazza israeliana, che da mesi ripete โ€œprima gli ๐จ๐ฌ๐ญ๐š๐ ๐ ๐ขโ€, mettendo in difficoltร  la retorica del โ€œfino alla vittoriaโ€. I mediatori (๐๐š๐ญ๐š๐ซ, ๐„๐ ๐ข๐ญ๐ญ๐จ, ๐”๐’๐€), che hanno strumenti โ€“ denaro, garanzie, status โ€“ ma non truppe nรฉ controllo sui tunnel. Gli attori laterali, dal Libano al Mar Rosso, capaci di far deragliare ogni bozza con una fiammata: piรน il fronte nord si accende o un attacco fuori teatro fa notizia, meno margine politico resta a chi รจ al tavolo. In questo drift, anche un gesto iper-ideologico โ€“ una visita al Monte del Tempio, un video โ€œidentitarioโ€ โ€“ rischia di pesare piรน di un comma negoziale.

Perchรฉ non si chiude? Perchรฉ le parti chiedono la cosa che definisce la propria ๐ฌ๐ข๐œ๐ฎ๐ซ๐ž๐ณ๐ณ๐š ๐ž๐ฌ๐ข๐ฌ๐ญ๐ž๐ง๐ณ๐ข๐š๐ฅ๐ž: ๐ˆ๐ฌ๐ซ๐š๐ž๐ฅ๐ž vuole che il 7/10 sia lโ€™ultimo 7/10 (๐จ๐ฌ๐ญ๐š๐ ๐ ๐ข, ๐๐ž๐ญ๐ž๐ซ๐ซ๐ž๐ง๐ณ๐š, garanzie contro la โ€œrigenerazioneโ€ militare di ๐‡๐š๐ฆ๐š๐ฌ); ๐‡๐š๐ฆ๐š๐ฌ vuole sopravvivere come attore โ€“ non solo fisicamente, ma politicamente โ€“ trasformando gli ๐จ๐ฌ๐ญ๐š๐ ๐ ๐ข in paracadute negoziale per ottenere cessazione della guerra, ritiro e scarcerazioni. Il resto โ€“ ๐ ๐จ๐ฏ๐ž๐ซ๐ง๐š๐ง๐œ๐ž ๐ญ๐ซ๐š๐ง๐ฌ๐ข๐ญ๐จ๐ซ๐ข๐š, polizia locale โ€œripulitaโ€, ruolo dellโ€™ANP, meccanismi di verifica โ€“ รจ tecnico, ma non neutro: assegna pezzi di sovranitร , decide chi porta la divisa alle rotatorie. Finchรฉ nessuno accetta di dare qualcosa di irreversibile prima di aver ricevuto qualcosa di irreversibile, il dossier si muove a scatti, non a marcia.

Eppure le finestre si aprono. Scambi di liste, sopralluoghi tecnici su valichi e magazzini, bozze per โ€œfasiโ€ con scadenze. Le esperienze precedenti (la tregua del 2023; gli scambi del 2025) dicono che ๐ฆ๐ข๐œ๐ซ๐จ-๐š๐œ๐œ๐จ๐ซ๐๐ข sono possibili: relase a gruppi, pause operative, corridoi umanitari legati a specifiche consegne. Ma il prezzo, oggi, รจ piรน alto di ieri: ๐†๐š๐ณ๐š รจ allo stremo, ๐ˆ๐ฌ๐ซ๐š๐ž๐ฅ๐ž รจ piรน diviso, la regione piรน elettrica. Ogni giorno in piรน rende lโ€™accordo piรน necessario e, insieme, piรน difficile โ€“ il paradosso crudele delle guerre lunghe.

Rievocare il 7/10 senza edulcorare vuol dire tenere insieme tre cose che cozzano tra loro: 1) la ๐ฆ๐š๐ญ๐ซ๐ข๐œ๐ž ๐ญ๐ž๐ซ๐ซ๐จ๐ซ๐ข๐ฌ๐ญ๐ข๐œ๐š dellโ€™attacco (selezione deliberata di obiettivi civili, rapimenti di massa); 2) lโ€™ampiezza della risposta israeliana e il ๐ฉ๐ž๐ฌ๐จ ๐ข๐ง๐ฌ๐จ๐ฉ๐ฉ๐จ๐ซ๐ญ๐š๐›๐ข๐ฅ๐ž riversato sui civili di ๐†๐š๐ณ๐š; 3) la dimensione ๐จ๐ฌ๐ญ๐š๐ ๐ ๐ข come vincolo politico-morale che plasma tutto il resto. Non sono โ€œmaโ€, sono โ€œeโ€. Il compito del negoziato โ€“ se merita il nome โ€“ รจ trasformare questo โ€œeโ€ in scambio verificabile: ๐จ๐ฌ๐ญ๐š๐ ๐ ๐ข / ๐ฉ๐ซ๐ข๐ ๐ข๐จ๐ง๐ข๐ž๐ซ๐ข / ๐ซ๐ข๐ญ๐ข๐ซ๐จ, cessate-il-fuoco/ritiro, garanzie/sanzioni in caso di violazione. In concreto: liste che diventano pullman, droni che tacciono per ore contate, valichi che restano aperti piรน di un ciclo di notizie. Quando succede, lo si vede; quando non succede, lo si capisce.

๐“๐ž๐ซ๐ฆ๐จ๐ฆ๐ž๐ญ๐ซ๐จ ๐๐ž๐ฅ ๐ง๐ž๐ ๐จ๐ณ๐ข๐š๐ญ๐จ: ๐จ๐ฌ๐ญ๐š๐ ๐ ๐ข / ๐ฉ๐ซ๐ข๐ ๐ข๐จ๐ง๐ข๐ž๐ซ๐ข / ๐ซ๐ข๐ญ๐ข๐ซ๐จ. Se non si sblocca almeno uno, non se ne sblocca nessuno.

โ€” ๐€๐ซ๐ข๐ฌ๐ญ๐ž๐š