Ornella Vanoni. Invecchiare senza chiedere scusa
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In questo Paese le donne famose muoiono due volte: la prima quando la tv le trasforma in maschere, la seconda quando smettono di respirare. Ornella Vanoni ha resistito alla prima morte fino allโultimo. Ha ceduto alla seconda a Milano, a 91 anni, dopo quasi settantโanni di carriera, senza essersi mai accomodata nel ruolo di reliquia. Si รจ lasciata guardare mentre invecchiava, con la voce che si scheggiava, il corpo che cedeva, il trucco a volte sbavato. Senza chiedere scusa.
Prima di diventare โla signora delle canzoni dโamoreโ รจ stata attrice al Piccolo Teatro, con Strehler e Brecht. Poi โcantante della malaโ, quella che portava in scena le canzoni dellโunderground milanese con una voce bassa, sporca, poco educata e molto vera. Da lรฌ in avanti รจ un filo quasi continuo: "Senza fine", "Che cosa cโรจ", "Lโappuntamento", Sanremo, tournรฉe, dischi a decine. Una presenza che non รจ mai stata solo repertorio: era stile, era modo di stare in scena. Raccontava le storie come se le stesse ancora vivendo, con quel mezzo sorriso stanco che non ti concedeva mai lโillusione del lieto fine.
La sua voce non era perfetta, non lo รจ mai stata. Era una voce che si era lasciata graffiare dalla coca, dalle sigarette, dal whiskey. Che si appoggiava malissimo sul fiato e benissimo sulle ferite. Dai vecchi video alle ospitate piรน recenti vedi ciรฒ che รจ considerato quasi osceno: una donna che non fa nulla per nascondere di essere stata nel mondo. Il tremito non viene coperto, le pause non vengono addomesticate, la memoria che inciampa non viene corretta dal playback. Lei ci gioca sopra, ci ironizza, ci litiga, ma non scappa.
Intorno a lei cโera un Paese che con le donne famose รจ stato spesso meno gentile di quanto lo sia stato con lei. LโItalia tende a volerle o giovani e docili o trasformate in monumenti innocui; tollera il corpo femminile soprattutto se giovane, levigato, filtrato, appeso in bacheca. Vanoni, pur essendo stata amata da pubblico, tv e critica, ha aggiunto unโaltra possibilitร : mostrarsi rugosa, sbilenca, stanca e, tuttavia, ancora desiderante. Ha mostrato una vecchiaia che non si vergogna del proprio desiderio, che non abbassa la voce, che non si mette i guanti bianchi per non disturbare. Ha costretto chi la guardava a fare i conti con la vecchiaia come fase della vita, non come disturbo del segnale.
Negli ultimi anni la televisione lโha raccontata anche con la scorciatoia della โnonna fuori di testaโ che dice le cose strane, che sbaglia i nomi, che si appisola in diretta. Meme pronti, clip tagliate, risatine da salotto. Eppure dietro quella sintesi cโera una donna che aveva inciso piรน di cento dischi, venduto milioni di copie, attraversato generazioni di musica italiana senza mai farsi ibernare nel santino. Non era un monumento intoccabile, era una presenza costante e irregolare. Portava sul divano di prima serata il fatto semplice e scandaloso che si puรฒ avere piรน di ottantโanni e continuare a pensare, ricordare, smemorarsi, desiderare.
Il cerchio che si chiude al Piccolo Teatro, con la camera ardente dove tutto era iniziato, dice ancora una volta questa cosa: teatro, canzone, televisione, memoria collettiva non sono compartimenti stagni. La stessa ragazza che cantava la mala adesso viene salutata come โicona nazionaleโ. La differenza, rispetto ad altre icone ripulite, รจ che lei lโoperazione di sbiancamento non lโha mai fatta del tutto. ร stata diva e antidiva, elegante e scomposta, disciplinata e svogliata, felice e depressa, spesso tutto nello stesso talk show.
In un Paese che spesso alle donne chiede eterna giovinezza o sparizione, Ornella Vanoni ha fatto la cosa piรน sovversiva di tutte: รจ rimasta con le mani che tremavano, con la voce che sbagliava attacco, con le opinioni che non passavano per gli uffici stampa. Ha mostrato che si puรฒ attraversare successo, declino, revival e stanchezza senza diventare nรฉ santina nรฉ reperto. Ha portato in televisione una vecchiaia che non si nascondeva mai, come un promemoria ostinato di ciรฒ che tutti fingiamo di non vedere. E che sรฌ, si puรฒ invecchiare (anche sotto i riflettori) senza chiedere il permesso a nessuno.
โ ๐๐ซ๐ข๐ฌ๐ญ๐๐