Sinner e i venerati maestri
𝗔𝗻𝗮𝘁𝗼𝗺𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗶 𝘀𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶 𝘁𝗿𝗼𝗺𝗯𝗼𝗻𝗶
Non tutti i mali vengono per nuocere. Tutto questo profluvio di commenti su Sinner che dice di no alla Coppa Davis ha risvegliato in me la memoria di un bel saggio.
Sto parlando de "I venerati maestri. Operetta immorale sugli intelligenti d’Italia" di Edmondo Berselli, edito da Mondadori quasi venti anni fa e riedito quest’anno da Quodlibet.
Berselli amplifica e utilizza come traccia le tre categorie già individuate da Arbasino che, frugando tra gli intellettuali (ma i giornalisti possono definirsi tali?), classificava il parco disponibile in: le giovani promesse, i soliti stronzi e i venerati maestri.
Fondamentale e comune alle tre categorie è l’atteggiamento nei confronti di ciò che stanno commentando (con cipiglio sapienziale e dogmatico). Scrive Berselli:”il vero intellettuale non legge praticamente nulla, al massimo sfoglia”. Il problema oggi è che non sa più nemmeno sfogliare se è vero, come è vero, che Bruno Vespa, parlando del patriottismo di Alcaraz contrapposto al disfattismo di Sinner, lo chiama Alvarez, senza nemmeno peritarsi di informarsi, subito rimbrottato da Andrea Scanzi dall’alto del suo pulpito (ma almeno nel tennis è competente e non parla a sproposito).
Scanzi, ormai da moltissimi anni giovane promessa, si è evoluto in solito stronzo (badate non è un insulto è un giudizio politico (cit.)) aspirando, credo, a diventare venerato maestro. D’altronde al "Fatto" di soliti stronzi è pieno. La fortuna del giornale è avere una persona come Padellaro con un suo aplomb vecchio stile che, proliferando i tromboni, potrebbe assurgere a venerato maestro anche se gli manca la dote principe per diventarlo: l’infallibilità, qualità comune a tutta la categoria degli intellettuali, sempre dando retta a Berselli: «La categoria molto fastidiosa degli infallibili si scinde in un drappello di pochi maestri e in una popolosa tribù di bolliti».
Tra i bolliti Gramellini che dice sempre tutto e il contrario di tutto, e Cazzullo che vorrebbe inoltrarsi lungo il viale che porta al venerato maestro ma ha sbagliato strada, inoltrandosi sul viale di Don Abbondio. Prova ne è l’ultima sua fatica su San Francesco, ultima e dimenticabile biografia del santo tra le moltissime che nel corso del tempo si sono susseguite (io consiglio sempre il "Francesco" di Nikos Katzanzakis).
Entrambi apprezzano Sinner come atleta e lo deprecano per via delle tasse e dello scarso senso patriottico. È strano che questa storia del patriottismo, un tempo argomento principe della destra, oggi sia trasmigrato a sinistra.
Comunque nessuno dei due riesce nemmeno ad essere un solito stronzo.
Non che nei giornali di destra manchino le tre categorie tassonomiche di Arbasino ma almeno in questa occasione si sono espresse in un modo, seppur favorevole, almeno più sobrio (di poco) rispetto agli altri.
Il guaio è la mancanza quasi totale di venerati maestri, sostituiti nel tempo dai tromboni, quegli anziani intellettuali che, pur di non mollare la presa, sproloquiano con fare sussiegoso un po' su tutto, come sempre non sapendo quasi nulla su quasi tutte le cose su cui pontificano, al massimo citando fonti seconde, amplificando così il pregiudizio.
È il caso di Corrado Augias che in mancanza di argomenti sfoggia un razzismo, fatto di Sinner italiano riluttante che parla in casa in tedesco e che vive a Montecarlo, che gli viene concesso solo perché qualche temerario lo considera un venerato maestro.
Anche lui compie una giravolta perché, se principe del progressismo è, avrebbe dovuto lodare il cosmopolitismo di Sinner che nasce in Italia, parla tedesco, vive a Montecarlo, gira il mondo e non ha confini.
Insomma un minestrone di parole insulse, solo per attestarsi un’opinione spesso priva di qualsiasi contenuto e per tener viva l’attenzione su di sé.
Su tutta questa canea berciante si staglia nitida la dichiarazione del diretto interessato che così ha commentato: «Accetto tutte le critiche».
6-0 6-0 6-0 per Sinner. Avanti, il prossimo.
— 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗚𝗿𝗼𝘀𝘀𝗶